LE GRANDI DONNE DELLA CHIESA
Queste donne sante sono un prezioso tesoro per tutta la Chiesa, specialmente nel richiamare il primato di Dio e l’importanza di una preghiera costante e intensa per il cammino di fede.
Ispirate dall’amore divino, hanno fatto scelte radicali per il Signore che le ha rese
capaci di aiutare quanti vivevano in difficoltà questa vita.
Amiche di Dio, dispongono di una sapienza che il mondo non possiede e, con amabilità, le hanno condivise con coloro che bussavano alla loro porta, divenendo vere oasi di pace e di
speranza.
Esse hanno “compreso il messaggio centrale per la vita spirituale: Dio è amore e solo quando ci si apre a questo amore, totalmente e con fiducia assoluta, e si lascia che esso diventi l’unica guida dell’esistenza, tutto viene trasfigurato, si trovano la vera pace e la vera gioia e si è capaci di diffonderle intorno a sé.” (Benedetto XVI - 1 dicembre 2010)
LA SANTITA'
Udienza di Mercoledì 13 Aprile 2011 di Papa Benedetto XVI - Roma
Cari fratelli e sorelle,
nelle Udienze generali di questi ultimi due anni ci hanno accompagnato le figure di tanti Santi e Sante: abbiamo imparato a conoscerli più da vicino e
a capire che tutta la storia della Chiesa è segnata da questi uomini e donne che con la loro fede, con la loro carità, con la loro vita sono stati dei fari per tante
generazioni, e lo sono anche per noi. I Santi manifestano in diversi modi la presenza potente e trasformante del Risorto; hanno lasciato che Cristo afferrasse così
pienamente la loro vita da poter affermare con san Paolo “non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Seguire il loro esempio, ricorrere alla
loro intercessione, entrare in comunione con loro, “ci unisce a Cristo, dal quale, come dalla Fonte e dal Capo, promana tutta la grazia e tutta
la vita dello stesso del Popolo di Dio” (Conc. Ec. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium 50). Al termine di questo ciclo di catechesi,
vorrei allora offrire qualche pensiero su che cosa sia la santità.
Che cosa vuol dire essere santi? Chi è chiamato ad essere santo? Spesso si è portati ancora a pensare che la santità sia una meta riservata a pochi
eletti.
San Paolo, invece, parla del grande disegno di Dio e afferma: “In lui – Cristo– (Dio) ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati
di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). E parla di noi tutti. Al centro del disegno divino c’è Cristo, nel quale Dio mostra il suo Volto:
il Mistero nascosto nei secoli si è rivelato in pienezza nel Verbo fatto carne. E Paolo poi dice: “E’ piaciuto infatti a Dio che abiti in Lui tutta la pienezza”
(Col 1,19). In Cristo il Dio vivente si è fatto vicino, visibile, ascoltabile, toccabile affinché ognuno possa attingere dalla sua pienezza di grazia e
di verità (cfr Gv 1,14 - 16). Perciò, tutta l’esistenza cristiana conosce un’unica suprema legge,quella che san Paolo esprime in una formula che
ricorre in tutti i suoi
scritti: in Cristo Gesù. La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi
misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito
Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua. E’ l’essere conformi a Gesù, come afferma san Paolo:“Quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha predestinati a essere conformi
all’immagine del Figlio suo” (Rm 8,29). E sant’Agostino esclama: “Viva sarà la mia vita tutta piena di Te” (Confessioni, 10,28). Il Concilio Vaticano II,
nella Costituzione sulla Chiesa, parla con chiarezza della chiamata universale alla santità, affermando che nessuno ne è escluso: “Nei vari generi di vita e nelle
varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e ….....seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di
essere partecipi della sua gloria” (n. 41).
Ma rimane la questione: come possiamo percorrere la strada della santità,rispondere a questa chiamata? Posso farlo con le mie forze? La risposta è chiara: una vita santa non è frutto
principalmente del nostro sforzo, delle nostre azioni, perché è Dio, il tre volte Santo (cfr Is 6,3), che ci rende santi, è l’azione dello Spirito Santo che ci anima dal di dentro, è la vita
stessa di Cristo Risorto che ci è comunicata e che ci trasforma. Per dirlo ancora una volta con il Concilio Vaticano II: “I seguaci di Cristo, chiamati da
Dio non secondo le loro opere, ma secondo il disegno della sua grazia e giustificati in Gesù Signore, nel battesimo della fede sono stati fatti
veramente figli di Dio e compartecipi della natura divina, e perciò real mente santi.
Essi quindi devono, con l’aiuto di Dio, mantenere nella loro vita e perfezionare la santità che hanno ricevuta” (ibid.,40). La santità ha dunque
la sua radice ultima nella grazia battesimale, nell’essere innestati nel Mistero pasquale di Cristo, con cui ci viene comunicato il suo Spirito, la sua
vita di Risorto. San Paolo sottolinea in modo molto forte la trasformazione che opera nell’uomo la grazia battesimale
e arriva a coniare una terminologia nuova, forgiata con la preposizione “con”: con-morti, con-sepolti, con-risucitati, con-vivificati con Cristo; il nostro destino è
legato indissolubilmente al suo.
“Per mezzo del battesimo - scrive - siamo stati sepolti insieme con lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti… così anche noi possiamo
camminare in una vita nuova” ( Rm 6,4). Ma Dio rispetta sempre la nostra libertà e chiede che accettiamo questo dono e viviamo le
esigenze che esso comporta, chiede che ci lasciamo trasformare dall’azione dello Spirito Santo, conformando la nostra volontà alla volontà di Dio.
Come può avvenire che il nostro modo di pensare e le nostre azioni diventino il pensare e l’agire con Cristo e di Cristo? Qual è l’anima della santità? Di nuovo il Concilio Vaticano II
precisa; ci dice che la santità cristiana non è altro che la carità pienamente vissuta. “«Dio è amore; chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1Gv 4,16). Ora, Dio ha largamente
diffuso il suo amore nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci fu dato (cfr Rm 5,5); perciò il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra
ogni cosa e il prossimo per amore di Lui. Ma perché la carità, come un buon seme, cresca nell’anima e vi fruttifichi, ogni fedele deve ascoltare volentieri la parola di Dio e, con l'aiuto della
grazia, compiere con le opere la sua volontà, partecipare frequentemente ai sacramenti, soprattutto all'Eucaristia e alla santa liturgia; applicarsi costantemente alla
preghiera, all'abnegazione di se stesso, al servizio attivo dei fratelli e all'esercizio di ogni virtù. La carità infatti, vincolo della perfezione e compimento della legge (cfr
Col 3,14; Rm 13,10), dirige tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine. Forse anche questo linguaggio del Concilio Vaticano II per noi è ancora un po' troppo solenne,
forse dobbiamo dire le cose in modo ancora più semplice. Che cosa è essenziale? Essenziale è non lasciare mai una domenica senza un incontro con il Cristo Risorto
nell'Eucaristia;questo non è un peso aggiunto, ma è luce per tutta la settimana. Non cominciare e non finire mai un giorno senza almeno un breve contatto con Dio. E, nella strada della nostra vita,
seguire gli “indicatori stradali” che Dio ci ha comunicato nel Decalogo letto con Cristo, che è semplicemente l'esplicitazione di che cosa sia carità in determinate situazioni. Mi sembra che questa
sia la vera semplicità e grandezza della vita di santità: l’incontro col Risorto la domenica; il contatto con Dio all’inizio e alla fine del giorno; seguire, nelle decisioni, gli “indicatori
stradali” che Dio ci ha comunicato, che sono solo forme di carità. Perciò il vero discepolo di Cristo si caratterizza per la carità verso Dio e verso il prossimo” (Lumen gentium, 42). Questa è la
vera semplicità, grandezza e profondità della vita cristiana, dell'essere santi.
Ecco perché sant’Agostino, commentando il capitolo quarto della Prima Lettera di san Giovanni, può affermare una cosa coraggiosa: “Dilige et fac quod vis”,“Ama e fa’ ciò che vuoi”. E
continua: “Sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; vi sia in te la radice dell'amore, poiché
da questa radice non può procedere se non il bene” (7,8: PL 35). Chi è guidato dall’amore, chi vive la carità pienamente è guidato da Dio, perché Dio è amore.
Così vale questa parola grande: “Dilige et fac quod vis”, “Ama e fa’ ciò che vuoi”.
Forse potremmo chiederci: possiamo noi, con i nostri limiti, con la nostra debolezza, tendere così in alto? La Chiesa, durante l’Anno Liturgico, ci invita a fare memoria di una schiera di
Santi, di coloro, cioè, che hanno vissuto pienamente la carità, hanno saputo amare e seguire Cristo nella loro vita quotidiana. Essi ci dicono che è possibile per tutti percorrere questa
strada.
In ogni epoca della storia della Chiesa, ad ogni latitudine della geografia del mondo, i Santi appartengono a tutte le età e ad ogni stato di vita, sono volti concreti di ogni popolo, lingua
e nazione. E sono tipi molto diversi. In realtà devo dire che anche per la mia fede personale molti santi, non tutti, sono vere stelle nel firmamento della storia. E vorrei aggiungere che per me non
solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono “indicatori di strada”, ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita,che non saranno mai
canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede.
Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità.
Nella comunione dei Santi, canonizzati e non canonizzati, che la Chiesa vive grazie a Cristo in tutti i suoi membri, noi godiamo della loro presenza e della loro compagnia e coltiviamo la
ferma speranza di poter imitare il loro cammino e condividere un giorno la stessa vita beata, la vita eterna.
Cari amici, come è grande e bella, e anche semplice, la vocazione cristiana vista in questa luce! Tutti siamo chiamati alla santità: è la misura stessa della vita cristiana. Ancora una volta
san Paolo lo esprime con grande intensità, quando scrive: “A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo… Egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri
di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di
edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo
perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” (Ef 4,7.11-13). Vorrei invitare tutti ad
aprirsi all’azione dello Spirito Santo, che trasforma la nostra vita, per essere anche noi come tessere del grande mosaico di santità che Dio
va creando nella storia, perché il volto di Cristo splenda nella pienezza del suo fulgore.
Non abbiamo paura di tendere verso l’alto, verso le altezze di Dio; non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma lasciamoci guidare in ogni azione
quotidiana dalla sua Parola, anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore. Grazie